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La Cassazione si pronuncia sull’ omesso versamento IVA

  • di Luigi Mondardini

    Commette il reato il contribuente che non dimostra la propria impossibilità a reperire le risorse finanziarie.

    Non basta invocare la crisi di liquidità senza dimostrare di aver posto in essere tutte le possibili azioni per evitare il dissesto. 
    Questo l’orientamento espresso dalla Cassazione penale, con la sentenza n. 18501/2015 che consolida l’interpretazione rigorosa assunta dai giudici di legittimità. 
     
    La vicenda. L’amministratore di una società, era stato condannato per aver omesso il versamento dell’Iva oltre la soglia penale, sulla base dell’articolo 10 ter del Dlgs 74/2000 che prevede  la reclusione da sei mesi a due anni per chi non versa l’Iva dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo. 
     
    La difesa opponeva il  fatto che gli omessi versamenti erano dipesi  dalla crisi di liquidità in cui era incorsa la società, causata anche dal mancato incasso dei corrispettivi fatturati, emergendo  l’assenza del dolo di evasione e pertanto la non punibilità dell’omissione contestata. 
     
    Secondo i giudici distrettuali  non era stato dimostrato lo stato di necessità che aveva impedito il corretto adempimento tributario. Veniva quindi  presentato ricorso in Cassazione lamentando che la Corte di appello aveva trascurato un’adeguata valutazione sulle pessime condizioni economiche della società. 
     
    I giudici di legittimità, richiamando i principi affermati dalle Sezioni unite (n. 37424/2013) hanno confermato la condanna. 
    Sono stati ribaditi alcuni punti essenziali:
     
    - Per il reato di omesso versamento Iva non occorre il fine di evasione. È infatti punibile a titolo di dolo generico che consiste nella coscienza di non versare all’erario le imposte dovute. La prova del dolo è insita nella presentazione della dichiarazione dalla quale emerge il debito.
    - in merito alla crisi di liquidità, la Suprema Corte puntualizza  che ogni qualvolta il soggetto effettui operazioni attive riscuote già dal cliente l’Iva. Egli deve, quindi, accantonarla al fine di poterla versare all’Erario nei tempi previsti. In ipotesi di mancato incasso delle somme come nella specie eccepito dal contribuente, occorre provare concretamente tali circostanze. 
    - Occorre poi dimostrare non solo la crisi che ha improvvisamente investito l’azienda, ma anche l’impossibilità di fronteggiarla e di pagare le imposte anche attraverso il patrimonio personale. 
     
    Nei reati omissivi è necessario che la forza maggiore renda assolutamente impossibile, e non semplicemente difficile, porre in essere l’adempimento. 
     
    Ne consegue che quando è presente un margine di scelta, non si tratta di forza maggiore e pertanto, nella specie, il mancato accantonamento dell’Iva di volta in volta incassata con le fatture attive, non può essere motivo per la non punibilità.
     
     
     

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