Depositata un’interessante sentenza della Cassazione Terza Sezione Penale ( sent. 12 maggio 2014 n. 19426)
Se l’omesso versamento dell’IVA è dipeso da una grave crisi di liquidità determinata da circostanze eccezionali e non preventivabili l’imprenditore non è perseguibile penalmente.
Occorre cioè che le cause siano indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili. Nella sentenza depositata viene confermata la condanna inflitta nel merito a un imprenditore per il reato di omesso versamento IVA di cui all’articolo 10-ter del D.Lgs. n. 74 del 2000. Infatti l’imputato non è riuscito a dimostrare la carenza sotto il profilo soggettivo del reato, limitandosi ad allegare la situazione di illiquidità della società da lui amministrata.
Occorre invece dimostrare l’assenza di dolo e l’assoluta impossibilità di adempiere l’obbligazione tributaria.
Pertanto non basta evidenziare la crisi di liquidità dell’azienda , ma occorre anche fornire la prova che tale crisi non sarebbe stata altrimenti fronteggiabile tramite il ricorso, da parte dell'imprenditore, a idonee misure da valutarsi in concreto come ad esempio il ricorso al credito bancario.
In definitiva il contribuente che voglia giovarsi in concreto di tale esimente riconducibile alla forza maggiore “dovrà dare prova – si legge in sentenza - che non gli è stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, atte a consentirgli di recuperare la necessaria liquidità, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili” (cfr. Cass. Sez. III pen. n. 5467/2014).
Insomma, l’impossibilità ad adempiere, quando è dovuta al dissesto economico aziendale e personale, configura l’esimente della forza maggiore; tuttavia tale impossibilità va dimostrata.