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I reati tributari e il delitto di autoriciclaggio

  • di Luigi Mondardini

    I reati tributari potranno costituire i delitti fonte per la commissione del reato di auto riciclaggio.

    Commette autoriciclaggio chiunque, dopo aver commesso un delitto non colposo da cui derivano denari, beni o altre utilità, provvede al loro impiego, sostituzione, trasferimento in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa. 
     
    Pertanto in presenza di un reato tributario sussiste la concreta  possibilità , anche involontaria, di commettere il nuovo delitto .
    In pratica  con la semplice condotta illecita connessa al reato tributario, di fatto, si potrebbe consumare anche l’autoriciclaggio. I proventi derivanti da evasione fiscale di solito  vengono impiegati in attività economica, finanziaria, imprenditoriale o speculativa; pertanto  le condizioni per integrare il nuovo delitto ci sono tutte.
     
    La Cassazione (sezione III penale, n. 43881/2014) ha chiarito che si consuma  il reato di riciclaggio sia effettuando qualsiasi prelievo o trasferimento di fondi successivo a precedenti versamenti, sia il mero trasferimento di denaro di provenienza illecita da un conto bancario a un altro diversamente intestato. 
     
    La sentenza n. 546/2011 ha poi precisato che  il riciclaggio è integrato anche nel caso in cui venga depositato in banca denaro di provenienza illecita, atteso che, stante la natura fungibile del bene, per il solo fatto dell’avvenuto deposito il denaro viene automaticamente sostituito. 
     
    In sostanza, secondo la Suprema Corte, non è necessario che sia efficacemente impedita la tracciabilità del percorso dei beni, essendo sufficiente che essa sia anche solo ostacolata.
     
    Da quanto sopra ne consegue che il contribuente che non dichiara somme incassate per importi tali da ricadere nelle ipotesi di dichiarazione infedele o di  dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, certamente dovrà trasferire queste somme e quindi il rischio di commettere anche l’autoriciclaggio è obiettivamente elevato.
     
    Per evitare il nuovo delitto dovrebbe, secondo il disposto del nuovo articolo 648 ter 1 del Codice penale, custodire e impiegare i proventi in modo del tutto trasparente. Resta da capire come ciò possa accadere se  già il loro versamento su un conto, secondo la Suprema Corte, rappresenta un ostacolo all’identificazione.
     
    Va inoltre considerato che se in passato , cioè  prima dell’entrata in vigore della nuova norma, un contribuente ha commesso un delitto tributario (dichiarazione fraudolenta, dichiarazione infedele, eccetera), rischia comunque di essere perseguito per autoriciclaggio ove il trasferimento o l’impiego avvenga dopo l’entrata in vigore della norma.
     
    Per quanto riguarda le pene, in caso di autoriciclaggio di somme provenienti da reato tributario queste variano a seconda del tipo di delitto tributario commesso: si rischierà la reclusione da due a otto anni e la multa da 5mila a 25mila euro in tutti i casi in cui il delitto fonte sia la dichiarazione fraudolenta (con o senza fatture false), l’emissione di false fatture e la sottrazione fraudolenta aggravata; si andrà invece incontro alla reclusione da uno a quattro anni e alla multa da 2.500 a 12.500 euro qualora il reato fonte sia uno degli altri delitti tributari (omessa dichiarazione, dichiarazione infedele, eccetera).
     

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