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Operazioni inesistenti : la confessione del fornitore, limiti

  • di Luigi Mondardini

    A proposito di accertamento basato sulle c.d. fatture per operazioni inesistenti due importanti sentenze recenti

    Sono quella della Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo ( sentenza n. 551/08/14) e della Cassazione ( sentenza del 05.12.2014 n. 25779), che affrontano in entrambi i casi la tematica delle operazioni inesistenti.

    In particolare, la sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo riguarda la questione delle dichiarazioni rilasciate da terzi, affermando che la sola confessione rilasciata dal fornitore, che abbia riconosciuto di aver emesso delle fatture false,  non gode dei requisiti di gravità previsione e concordanza, come invece richiesto dall’art. 39 del D.P.R. n. 600/1973.

    Pertanto , a parere dei giudici, la confessione del fornitore deve essere accompagnata da altri ed ulteriori elementi probatori.

    Nel caso trattato la verifica prendeva le mosse dalle dichiarazioni rese dal titolare di una ditta individuale che prestava la propria opera a favore di una società, secondo cui le fatture emesse a favore di questa ultima risultavano essere gonfiate, ma con pagamenti che avvenivano in modo integrale; si procedeva poi ad effettuare alcuni prelievi al fine di restituire l’eccedenza concordata con la società committente.

    A parere della Guardia di Finanza, l'ammissione fatta dal titolare dell’impresa individuale era da assimilare ad una confessione ex art. 2730 Cod. Civ., ossia “la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti a essa sfavorevoli e favorevoli all'altra parte, qualificando la stessa prova, sulla quale sono stati poi emessi gli avvisi di accertamento.

    Secondo la C.T.P. di Bergamo, gli avvisi di accertamento devono essere annullati, in quanto “nessun altro elemento, riscontro o indagine anche bancaria, risulta a carico dei ricorrenti”.

    Per i giudici bergamaschi, “si deve concludere per l'insussistenza dei requisiti della gravità, precisione e concordanza”, atteso che le dichiarazioni del fornitore non sono sufficienti, da sole, a legittimare l'accertamento.

    In riferimento alla dichiarazione rilasciata dal fornitore, a parere della C.T.P. di Bergamo la stessa non può essere configurata come una vera e propria confessione, in quanto il fornitore ha in tal modo dichiarato di aver percepito “guadagni inferiori al reale, con la conseguente minor tassazione”. Di conseguenza, ancora a parere dei giudici di primo grado, non si può sostenere che egli abbia rappresentato una verità “a esso sfavorevole”, come richiesto dal già citato art. 2730 Cod. Civ.. Di contro, la stessa dichiarazione non appare nemmeno “favorevole all'altra parte”.

    Sulla stessa questione le conclusioni a cui è giunta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 25779 del 05.12.2014.

    In primo luogo i supremi giudici affermano che il precedente orientamento della stessa Corte di Cassazione, secondo cui l’Amministrazione finanziaria, a fronte di una regolare fattura, poteva limitarsi a contestare l’inesistenza delle operazioni, manifestando cosìl’inversione dell’onere della prova in capo al contribuente, risulta essere superato.

    Sulla base di tale impostazione, quindi, nel caso in cui siano contestate operazioni oggettivamente inesistenti, l’Amministrazione finanziaria è tenuta a dimostrare, anche mediante l’utilizzo di presunzioni semplici, che le operazioni oggetto di contestazione non sono state effettuate del tutto o in parte.

    Nel caso in cui l’oggetto della contestazione siano operazioni soggettivamente inesistenti, l’Amministrazione deve dimostrare che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, utilizzando l’ordinaria diligenza di un operatore del settore, che quelle operazioni si inserivano in un’evasione commessa dal fornitore.

    Con riferimento all’aspetto probatorio, la Corte di Cassazione afferma che nel caso in cui sussista la regolarità documentale delle operazioni (la regolarità delle fatture passive, l’esistenza dei pagamenti delle stesse, la loro registrazione in contabilità) la stessa Amministrazione finanziaria non può contestare le stesse operazioni con elementi presuntivi, privi degli elementi di gravità, precisione e concordanza.

     


     

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