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Conferimento di azienda e cessione quote: illegittimo

  • di Luigi Mondardini

    È illegittimo costituire una società, conferire l'azienda e gli immobili e poi cedere le quote.

    In tal modo, infatti, si eluderebbe l'imposta di registro dal momento che si sconterebbe solo l’imposta fissa sulla cessione di azienda e sulla compravendita immobiliare.
    Questo l’orientamento di una recentissima sentenza della Corte di cassazione ( n. 7335) .
     
    Tutto parte da  un avviso di liquidazione con cui l'Agenzia delle entrate richiedeva la maggiore imposta di registro riqualificando una serie di atti in una cessione di azienda e compravendita di fabbricato.
    In particolare era stata costituita una snc  mediante  conferimento di azienda e di immobili da parte di alcuni soci  ed una somma di denaro ,di importo modesto da parte di altri
    In seguito, i soci conferenti gli immobili e l'azienda hanno ceduto l'intera loro quota agli altri.
     
    L'Agenzia delle entrate  riqualificava gli atti  in una unica operazione  e precisamente in una cessione di azienda e di fabbricato tra i soci. , rifacendosi alle  previsioni contenute nell'art. 20 del Dpr 131/86, dove si prevede che l’imposta venga applicata  secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente.
     
    Per l’Agenzia i contribuenti,seguendo l’iter suindicato,  avevano goduto di un rilevante risparmio di imposta, dal momento che gli atti erano stati tutti assoggettati ad imposta di registro in misura fissa, anziché di quella in percentuale prevista  sulla cessione di azienda e di immobili.
     
    Il provvedimento è stato impugnato dinanzi alla commissione tributaria che ha accolto le ragioni dei contribuenti; viceversa quelli d'appello hanno confermato la legittimità dell'atto e quindi della pretesa.
     
    La decisione  veniva quindi impugnata in Cassazione. 
    I giudici di legittimità, richiamando la precedente  giurisprudenza sul punto, hanno affermato che la prevalenza della natura intrinseca degli atti registrati e degli effetti giuridici sul loro titolo e sulla forma apparente, vincola l'interprete a privilegiare la sostanza sulla forma, cioè il dato giuridico reale rispetto a ciò che formalmente appare. Ne deriva che la norma non è solo interpretativa degli atti registrati, ma una disposizione volta ad identificare l'elemento strutturale del rapporto giuridico tributario.
     
    La Cassazione risponde inoltre  sulla questione relativa al  contrasto esistente nell'ordinamento tributario dove ,da un lato,  ai fini delle imposte dirette, l'operazione prospettata sarebbe espressamente prevista, dall'altro, invece, vi sarebbe la possibilità per l'amministrazione di sanzionare come elusiva ai fini del registro, gli atti compiuti.
     
    Secondo i giudici di legittimità, l'intento elusivo dei contraenti potrebbe pure ricorrere, ma non necessariamente essere posto a base della scelta negoziale complessa. Quindi venendo meno alla radice la funzione elusiva della norma, non è possibile ipotizzare il contrasto nell'ordinamento rilevato nel ricorso. 
     
    Secondo la Corte  il risultato di un comportamento sostanzialmente unitario rispetto ad una serie di atti può essere legittimamente "reinterpretato" dall'amministrazione in un atto diverso da quello formalmente dichiarato dalle parti.
     

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