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Se il contratto è risolto,l' affitto non è tassabile

  • di Luigi Mondardini

    L'Ufficio non può chiedere il pagamento delle imposte dopo la “risoluzione di diritto” del contratto in base a una clausola risolutiva espressa.

    Questa la coinclusione che si  ricava da due pronunce della Ctp Forlì, emesse rispettivamente il 15 dicembre ( 611/2014)  e il 3 marzo (125/2014) dello scorso anno.
     
    Inoltre in caso di contestazione del  mancato pagamento delle imposte sui redditi da locazione di più immobili, l'Ufficio deve indicare con precisione le unità immobiliari e i periodi ai quali si riferisce l’avviso di accertamento.
     
    Le controversie scaturiscono dall’impugnazione di avvisi di accertamento , relativi agli anni d’imposta 2007 e 2008, con cui le Entrate rettificano il reddito dichiarato da uno stesso contribuente in relazione ai canoni locativi di due immobili, destinati a uso commerciale. L'Agenzia richiedeva il   pagamento dei tributi per l’affitto di un immobile che, secondo gli accordi contrattuali, andava  dall’aprile 2007 fino all’aprile 2008; tuttavia da  settembre 2007 il conduttore si era reso moroso e pertanto il contratto si era  risolto di diritto in forza di una clausola risolutiva espressa. Successivamente nel febbraio 2008  il tribunale civile ha convalidato l’intimazione di sfratto.
     
    Per l'Agenzia delle Entrate il contribuente  doveva in ogni caso effettuare il  pagamento dell’imposta in base all’articolo 26, comma 1, del Tuir (Dpr 917/1986), secondo cui i  redditi fondiari concorrono in ogni caso e, quindi indipendentemente dalla loro percezione,  a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà. 
     
    Il contratto  di locazione per l'Agenzia resta in vigore, almeno ai fini fiscali,  fino a quando non è pagata l’imposta per la risoluzione.
     
    La Commissione precisa che  ,secondo la Consulta (sentenza 362/2000),  il riferimento al canone di locazione opera sino a quando risulta «in vita un contratto di locazione» e quindi è dovuto un canone in senso tecnico. 
     
    Quando, invece, si verifica una qualsiasi causa di risoluzione del contratto di locazione, «tale riferimento al reddito locativo   non sarà più praticabile, tornando in vigore la regola generale». E tra le cause è compreso l’inadempimento in presenza di clausola risolutiva espressa con la dichiarazione dell’altro contraente di volersi valersi della clausola stessa (articolo 1456 del Codice civile). Pertanto, per la determinazione del reddito in questo caso, si prenderà in considerazione la rendita catastale.
     
    Da ciò deriva - conclude la Ctp di Forlì - che agli immobili a uso commerciale devono «estendersi i principi connessi all’omessa corresponsione dei canoni relativi agli immobili abitativi». Non ricorrono, infatti, valide ragioni per diversificare il trattamento delle due ipotesi quando sia provata la fine del rapporto contrattuale, «che rappresenta il presupposto per il pagamento del canone».

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