Secondo Cass. 21972/2015 le prestazioni rese dai commercialisti a titolo gratuito a favore di parenti, amici, soci di società già clienti a pagamento dello studio e di altri clienti non sono contestabili da parte dell'Agenzia delle Entrate.
In base all'art. 54 del TUIR concorrono alla determinazione del reddito di lavoro autonomo i compensi "in denaro o in natura percepiti"; risulta, quindi, chiara l'irrilevanza delle prestazioni per le quali non sono pattuiti corrispettivi.
Inoltre, anche qualora sia stabilita la loro spettanza, trova applicazione il criterio di imputazione per cassa per cui gli stessi non sono imponibili se non vengono, di fatto, percepiti.
Come sancito dalla stessa Corte di Cassazione, la gratuità della prestazione potrebbe tuttavia essere contestata in presenza di un comportamento manifestamente antieconomico, fermo restando che la prestazione d'opera del professionista può essere gratuita, oltre che per amicizia e parentela, anche per ragioni di convenienza (sentenza 20269/2010) e che l'onerosità del contratto d'opera non rappresenta elemento essenziale ai fini della sua validità (sentenza 16966/2005).
Potrebbe quindi risultare utile evidenziare nella lettera di incarico le ragioni per le quali non si prevede specifico corrispettivo a fronte delle prestazioni rese.