Il pagamento per gli interventi di ristrutturazione.
La possibilità di fruire dello sconto in fattura vale anche per gli altri bonus sulla casa, diversi da quelli che consentono di fruire delle detrazioni in misura inferiore rispetto al 110%.
L’opportunità, alternativa all’utilizzo diretto della detrazione, è prevista dall’art. 121 del D.L. n. 34/2020 e la relativa disciplina, cioè le modalità di attuazione, sono indicate dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate dell’8 agosto 2020.
Con riferimento alle spese sostenute per il recupero del patrimonio edilizio di cui all’ art. 16-bis del DPR 917/1986:
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la detrazione ammonta al 50% con un massimale di spesa di 96.000 euro
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l’ammontare dello sconto in fattura, che la ditta esecutrice dei lavori sarà disposta a riconoscere, non potrà essere superiore all’ammontare della detrazione, ma potrà essere anche inferiore.
La parte del corrispettivo residuo, per il quale non sarà riconosciuto lo sconto, dovrà essere pagato alla ditta che ha effettuato i lavori, tenendo conto che lo sconto in fattura potrebbe essere integrale ovvero anche solo parziale.
Si supponga che il corrispettivo per un intervento di recupero del patrimonio edilizio sia pari a 10.000 euro, comprensivo dell’Iva.
In questo caso :
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si potrà concedere uno sconto in fattura per un importo non superiore a 5.000 euro.
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Di conseguenza il contribuente, avrà fruito, per effetto dello sconto, di un vantaggio fiscale equivalente alla detrazione del 50% non avendo effettuato il pagamento alla ditta.
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Il residuo del corrispettivo pari a 5.000 euro dovrà essere corrisposto alla ditta senza ottenere il diritto a fruire di alcuna ulteriore detrazione.
Potrebbe peraltro essere concesso anche uno sconto inferiore.
Si supponga che l’importo concesso sia pari a 2.000 Euro.
In questo caso:
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il contribuente dovrà pagare alla ditta che avrà effettuato i lavori l’importo residuo pari a 8.000 euro;
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tuttavia il contribuente potrà ancora fruire di una detrazione residua, pari al 30% del totale. L’importo della detrazione residua, pari quindi a 3.000 euro, potrà essere utilizzata in dieci anni, in riduzione dell’Irpef, con quote annuali di 300 euro.
A questo punto si pone il problema se il pagamento della parte non scontata ( negli esempi 5.000 euro e 3.000 Euro ) debba avvenire necessariamente tramite “bonifico parlante ” oppure ciò non sia obbligatorio.
Sembra logico ritenere che il corrispettivo residuo possa essere pagato con assegno o bonifico ordinario per le seguenti ragioni:
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il beneficio riconosciuto al contribuente sotto forma di detrazione ammonta al 50% del costo complessivo dell’intervento e tale vantaggio viene riconosciuto nella forma di sconto in fattura; pertanto la residua parte del costo sostenuto non attribuisce alcuna ulteriore detrazione. Nel primo esempio suindicato , se il pagamento del residuo pari a 5.000 euro non attribuisce alcuna ulteriore detrazione non si comprende per quale ragione il pagamento debba essere effettuato tramite “bonifico parlante”.
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Inoltre ,qualora l’importo residuo fosse corrisposto tramite “bonifico parlante”, la ditta esecutrice dei lavori subirebbe l’applicazione della ritenuta prevista dalla legge.
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Infine il contribuente potrebbe essere indotto in errore in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi “precompilata” ,nella quale - in conseguenza dell’applicazione della ritenuta operata sull’importo corrisposto con bonifico – verrebbe caricato l’importo della detrazione nella dichiarazione , anche se tale detrazione non spetta avendo già beneficiato dello sconto in fattura .
A diversa conclusione si deve pervenire se lo sconto in fattura è parziale; per ottenere l’applicazione della detrazione anche sull’importo del corrispettivo pagato, in modo da ottenere un vantaggio fiscale complessivo del 50%, sommando sconto e detrazione, la somma residua, fino a concorrenza del beneficio, dovrà essere corrisposta con “bonifico parlante”.