Nuova manovra antipovertà stanziata dalla Regione Emilia-Romagna.
E’ il primo punto programmatico del M5S, si legge sul blog di Beppe Grillo: il reddito di cittadinanza. Eppure, la legge regionale “Misure di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito”, deliberata mercoledì scorso dall’Assemblea legislativa della regione Emilia-Romagna – e istintivamente associabile alla proposta grillina – porta unicamente le firme di Pd e Sel. I Pentastellati, presenti in Giunta con cinque dei quaranta seggi, si sono invece astenuti.
Quali sono dunque le motivazioni che hanno spinto il Movimento all’astensione? E perché Lega Nord e Forza Italia hanno dato voto contrario a una misura che sulla carta sembra andare a sostegno del welfare regionale?
Proprio su questi interrogativi si gioca la valutazione all’introduzione del cosiddetto Reddito di Solidarietà (Res), appena promosso dall’Emilia-Romagna (entrerà in vigore nel 2017, trascorsi i 60 giorni del regolamento attuativo), voluto in prima istanza dalla vicepresidente nonché assessora al welfare della regione, Elisabetta Gualmini.
Le caratteristiche essenziali del Res
Il caso emiliano-romagnolo è il primo a livello nazionale. Nessun’altra regione italiana ha infatti finora varato leggi in materia di Reddito di Solidarietà, fatta eccezione per la Puglia che con il suo Reddito di Dignità, introdotto in aprile, rappresenta un precedente simile negli intenti, quanto diverso nella declinazione economica. “La Regione si è impegnata a corrispondere fino a 400 euro mensili – ha spiegato Elisabetta Gualmini – a tutti i nuclei famigliari, anche unipersonali, residenti da almeno due anni in Emilia-Romagna, che abbiano un reddito ISEE inferiore a 3.000 euro annui”.
Appunto fiscale per i non addetti ai lavori: il reddito ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) è una particolare forma di rilevazione del reddito, utilizzata anche nel calcolo degli indicatori di povertà, che considera il reddito di un nucleo famigliare sulla base dei redditi personali, il patrimonio mobiliare e immobiliare di ogni contribuente.
“Il Res – ha aggiunto, Gualmini – sarà garantito per dodici mesi, periodo al termine del quale ci sarà la possibilità di un rinnovo, qualora il reddito ISEE si sia mantenuto al di sotto della soglia dei 3.000 euro annui e una volta trascorso un semestre dalla scadenza. E’ una misura che interesserà circa 35 mila nuclei famigliari dell’Emilia Romagna (circa il 2% delle famiglie totali), con una stima di oltre 80 mila persone che verranno raggiunte da tale forma di sussidio regionale. Oggetto di incompatibilità sarà la presenza di assegni di disoccupazione e della Naspi (Nuova Prestazione di Assicurazione Sociale Per l’Impiego)”.
Sussidio mensile
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Durata
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Rinnovo
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Soglia di reddito ISEE
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Stanziamenti
regionali a copertura
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Famiglie interessate
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400 €
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12 mesi
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Sì, ma solo una volta trascorsi 6 mesi dal termine dei primi 12 mesi di Res
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≤ 3.000 euro annui
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35 mln di euro
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35 mila
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La ratio della manovra
“L’Emilia-Romagna ha scelto di deliberare tale legge con lo scopo di compiere una manovra di giustizia sociale”, ha sottolineato il presidente della Regione, Stefano Bonaccini. “Poiché il patto di diritti e doveri su cui si basa il sussidio può decadere anche prima dei 12 mesi, qualora i soggetti interessati dal Res – quali minori, anziani, coppie – non accettino di inserirsi nei percorsi di formazione e reinserimento attivati dalla Regione, non stiamo affatto facendo operazioni di assistenzialismo, quanto piuttosto mettendo in campo misure volte al recupero della dignità personale”, ha concluso Gualmini. “La Regione non può infatti permettersi di garantire il Res a tempo indeterminato. Nell’attuale difficile contesto di finanza pubblica, è stato molto complicato trovare stanziamenti in grado di sorreggere il Res, anche solo per la durata di 12 mesi. Si parla di una copertura da 35 mln di euro (proveniente da risparmi regionali), a cui si aggiungono i 37 mln di euro garantiti dal Sia (Sostegno all’inclusione attiva), il progetto nazionale di lotta alla povertà.
Le posizioni critiche delle opposizioni: 5 Stelle, Lega e Fi
Astensione per il M5S, si diceva in apertura. In particolare, l’opposizione non è rimasta convinta dalle modalità di erogazione del Res. In linea con quanto scritto nel DDL sul Reddito di Cittadinanza previsto dai 5 Stelle, il Movimento considera che “[...] L'indicatore ufficiale di povertà permette di considerare a rischio di povertà la persona che non raggiunge il reddito pari a circa 6/10 di 15.514 euro, ossia 9.360 euro all'anno”. Tale posizione presupporrebbe quindi un reddito di cittadinanza pari a circa 780 euro mensili per singolo individuo (contro i 400 appena stanziati). Rispetto al progetto pentastellato, appaiono dunque due fondamentali scostamenti alla legge firmata da Pd e Sel: la soglia di reddito al di sotto della quale si classifica la povertà (più elevata, secondo i 5S) e l’ammontare del sussidio (anche in questo caso, superiore a quella deliberata dalla Giunta regionale).
Mentre Forza Italia non ha motivato la contrarietà del proprio voto, la Lega Nord ha sottolineato come il numero di anni di residenza, in conseguenza dei quali poter ammettere le persone al Res, doveva essere innalzato a 5, contro i 2 scelti invece dalla Regione. Secondo i leghisti, ciò avrebbe infatti rappresentato una doverosa barriera di sicurezza nei confronti dei residenti di ‘passaggio’, tra cui risulterebbero anche i migranti.