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Malesseri originatesi attorno allo “studio di settore” (Seconda parte)

  • di Francesco Mondardini

    Ripercorriamo insieme le critiche sollevate nel tempo da parte dei contribuenti nei confronti dello strumento più diffuso di indagine fiscale.

    L’Agenzia delle Entrate ha continuato a investire nello “studio di settore”, senza subire particolari interferenze da parte di nessuno dei quattordici governi che successero a quello di Amato del 92-93 (Ciampi, Berlusconi I, II, III, IV, Dini, Prodi I e II, D’Alema I e II, Amato II, Monti, Letta, Renzi). Tuttavia oggigiorno, anche da un punto di vista politico non è più possibile ignorare i malesseri che hanno investito questo sistema, considerato dai contribuenti più esposti come il martello pneumatico con il quale l’Amministrazione colpisce le PMI.
     
    Il partito dei critici è andato oltre alle considerazioni preliminari e sono nate delle accuse di incostituzionalità per gli studi di settore, in quanto considerati non conformi all’articolo 53 della Carta, che recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Il punto critico, dunque, riguarda la fascia di contribuenti che è tenuto a presentarlo. Solo le imprese e i lavoratori autonomi, infatti, che fatturano meno di (a seconda del proprio codice attività) 5 o 7 milioni di euro, devono compilarlo. Quelli che, invece, superano la soglia di fatturazione non subiscono il controllo da parte dell’Agenzia. Proprio questo punto rappresenta, pertanto, la discriminazione incostituzionale che, secondo i critici, lo Stato non dovrebbe applicare.
     
    Gli oppositori dello studio di settore accusano, inoltre, di scarsa trasparenza il sistema informatico di calcolo dei parametri di congruità dei ricavi d’impresa del singolo contribuente. Il software investito di tale fondamentale responsabilità ha preso il nome di “Ge.Ri.Co” (acronimo di “Gestione. Ricavi. Compensi”) e rappresenta un programma blindato che l’Agenzia delle Entrate ha immunizzato contro ogni tipo di hacherizzazione e che stabilisce autonomamente la congruità del singolo contribuente. Come funziona? Quali dati esattamente elabora della mia contabilità? Come sono clusterizzate le classi di riferimento entro cui vengono inserite le attività di ciascun contribuente?
     
    Questi interrogativi, che la massa popolare ha continuato negli anni a inoltrare all’Agenzia delle Entrate, hanno a poco a poco consumato un sistema che, per come era stato pensato dai suoi artefici, sarebbe dovuto andare avanti all’infinito. Ora che, però, il futuro dello studio di settore è agli sgoccioli, anche Ge.Ri.Co., il suo software di riferimento, intravede la fine. A differenza della città eterna della Cisgiordania (la prima nata sul pianeta, più di 11.000 anni fa, quando la sua localizzazione in una depressione fertile, a circa 240 metri sotto il livello del mare, facilitò l’insediamento dell’uomo), il software Ge.Ri.Co è destinato a scomparire, una volta che verrà inaugurato il nuovo corso degli strumenti di controllo fiscale del Paese. 
     

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