La L. 27.5.2015 n. 69 ha sostituito gli artt. 2621 e 2622 c.c..
Sono stati inseriti nel codice civile i nuovi artt. 2621-bis e 2621-ter.
La nuova disciplina è in vigore dal 14.6.2015.
In via generale, sanzionando entrambe le fattispecie come delitto,
si distingue:
- tra false comunicazioni sociali in società non quotate (art. 2621 c.c.)
- false comunicazioni sociali in società quotate (art. 2622 c.c.),
Inoltre si prevedono, in relazione alle false comunicazioni sociali di società non quotate, ipotesi attenuate per fatti di lieve entità (art. 2621-bis c.c.) ed una specifica causa di non punibilità per particolare tenuità (art. 2621-ter c.c.).
In pratica, si passa da una differenziazione fondata sull'esistenza o meno di danni nei confronti della società, dei soci o dei creditori, ad una che si basa sul contesto societario nel quale le false comunicazioni sociali sono poste in essere.
Nell'ambito delle società non quotate, in particolare, sono puniti con tale fattispecie gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore.
Tale nuova formulazione normativa ha fatto sorgere dubbi con riguardo alla rilevanza penale o meno delle false valutazioni.
Anche la giurisprudenza di legittimità si è registrato un contrasto.
Tale contrapposizione è stata definitivamente risolta da Cass. SS.UU. 27.5.2016 n. 22474, che ha enunciato il seguente principio di diritto:
- sussiste il delitto di false comunicazioni sociali, con riguardo all'esposizione od omissione di fatti oggetto di "valutazione", se, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, ci si discosti consapevolmente da essi, senza darne adeguata informazione giustificativa e in modo concretamente idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni.