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Cessione terreni a valori inferiori di rivalutazione

  • di Luigi Mondardini

    L. 205/2017 ha riaperto la possibilità di rivalutazione di terreni e partecipazioni.

    Devono sussistere  due condizioni contestualmente: il possesso  dei beni oggetto di rivalutazione sin dall’inizio del 2018 e la redazione di apposita perizia giurata entro il 30 giugno del medesimo anno.
     
    Entro  il termine previsto per il pagamento delle imposte sui redditi, dovrà essere versata l’imposta sostitutiva dell’8 per cento ( o la prima rata) applicata sul valore risultante dalla perizia di stima. 
     
    In merito alla rivalutazione dei terreni, il valore risultante dalla perizia di stima consentirà al contribuente di azzerare o minimizzare la plusvalenza all’atto della successiva cessione del bene, con conseguente risparmio di imposte.
     
    Ma potrebbe anche accadere che, a fronte di prezzi decrescenti, si determini in sede di cessione  una minusvalenza. Proprio con riferimento a quest’ultima situazione, l’Agenzia delle Entrate ha dato nel tempo particolari indicazioni. 
     
    Dapprima l’’Agenzia delle Entrate ( Circ. n. 15/E del 1° febbraio 2002) aveva sostenuto  che ,ove il prezzo di cessione fosse inferiore rispetto al valore risultante della perizia, il contribuente avrebbe perso  i benefici della rivalutazione. 
     
    Successivamente questa interpretazione estremamente penalizzante è stata superata dall’Agenzia delle Entrate (Circ. n. 1/E del 15 febbraio 2013)  che ha individuato due possibili soluzioni:
     
    - dichiarare in atto il valore di perizia anche se superiore al corrispettivo percepito. In questo caso il contribuente manterrebbe i benefici della rivalutazione; tuttavia imposta di registro e  imposte ipotecarie e catastale verrebbero liquidate sul valore risultante dalla perizia.
     
    - Oppure predisporre una nuova perizia giurata con la rideterminazione del valore in misura inferiore rispetto alla prima perizia. In questo caso le imposte sui trasferimenti dovranno essere determinate facendo riferimento al minor valore risultante dalla seconda perizia.
     
    Optando per la seconda soluzione , il contribuente dovrà assolvere l’imposta sostitutiva dell’8 per cento compensando in diminuzione l’importo dovuto con l’importo versato in occasione della precedente ed eventuale rivalutazione.
     
    Potrebbe tuttavia  accadere che la precedente rivalutazione sia stata eseguita quando ancora l’aliquota era fissata al 4% (anziché l’attuale 8%).
     
    Pertanto, pur in presenza di un valore inferiore, potrebbe verificarsi il caso in cui sia necessario versare un’ulteriore imposta per affrancare la plusvalenza.
     
    Diversamente la rivalutazione, secondo la tesi dell’Agenzia delle Entrate, non produrrà alcun effetto e il costo fiscalmente riconosciuto da confrontare con il corrispettivo dovrà essere assunto senza considerare l’importo rivalutato. 
     
     
    Vediamo le conseguenze di tali ipotesi:
     
    - si consideri un terreno acquistato a 100 mila Euro e poi rivalutato a 1 milione di euro.  L’imposta sostitutiva pagata è risultata pari  a 40.000= Euro in quanto la rivalutazione è stata eseguita  quando l’aliquota era al 4% . 
    Se la vendita  viene effettuata esattamente al prezzo di 1.000.000 di euro, la plusvalenza risulta completamente azzerata e nessuna ulteriore imposta sui redditi risulta dovuta.
     
    - si supponga invece che  il corrispettivo realizzato  sia inferiore al valore peritato di 1.000.000 di euro, ad esempio 800.000 Euro. Per beneficiare della rivalutazione , occorre procedere ad un’ulteriore rivalutazione applicando questa volta l’aliquota dell’8% su 800.000; l’imposta dovuta risulta pari a 64.000= Euro  e dunque superiore a quanto già versato in precedenza, pur in presenza di un valore inferiore.
     
     

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