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Registro e imposte dirette: si va verso una soluzione

  • di Luigi Mondardini

    L’Ufficio dovrà addurre altri elementi di prova idonei a dimostrare che il corrispettivo indicato non sia quello effettivamente pagato.

    La rettifica in capo all’acquirente della maggiore base imponibile ai fini dell’imposta di registro potrebbe forse non comportare più in automatico l’accertamento in capo al venditore ai fini della maggiore plusvalenza.
     
    Ciò accadrà se la  nuova disposizione normativa contenuta nell’art.5, co.2 dello schema di decreto sull’internazionalizzazione delle imprese escluderà la possibilità in capo all’amministrazione finanziaria di presu¬mere l’esistenza di un maggior corrispettivo soltanto sulla base del valore dichiarato o accertato ai fini dell’impo¬sta di registro. 
     
    Alla luce della novità normativa , il solo accertamento di un maggior valore dell’immobile ceduto ai fini del registro non basterebbe all’Agenzia delle Entrate per presumere che il corrispettivo pattuito sia maggiore e, quindi, per determinare una maggiore plusvalenza. 
     
    Su questa importante e delicata questione,  la Cassazione aveva inizialmente stabilito che il valore del bene venduto dichiarato dall’acquirente ai fini dell’im¬posta di registro non rappresenta elemento sufficiente per giustificare un accertamento induttivo della maggio¬re plusvalenza realizzata dal venditore .  
     
    Tuttavia negli ultimi anni  per consolidato orientamento, la stessa corte Suprema ritiene ormai che, in tema di accertamento del reddito d’impresa, il valore di mercato determinato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro in capo all’acquirente può essere legittimamente utilizzato dall’Ufficio accertatore come dato presun¬tivo ai fini dell’accertamento di una plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di azienda. 
     
    In tal caso, incombe dunque sul contribuente-venditore l’onere di provare un diverso valore, anche dimostrando di non aver interamente realizzato, in concreto, il valore di mercato del bene ceduto (tra le altre, Corte Cassazio¬ne, ordinanza n.12632/12 e n.25290/14). 
     
    Ma la stessa corte Suprema è andata ben oltre, osservando che la circostanza per la quale il maggiore valore accertato ai fini dell’imposta di registro derivi dalla definizione di un accertamento con adesione dell’acquirente non determina l’illegittimità per l’Amministrazione finanziaria di procedere all’accertamento in capo al venditore sulla base di questo maggior valore, restando salva la possibilità per il contribuente accertato di offrire la prova contraria (Corte Cassazione, sentenza n.18705/10).
     

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