Il debitore deve accantonare le risorse necessarie.
È quanto affermato dalla Corte suprema con la sentenza n. 11035 del 13 marzo 2018.
L’omesso versamento dell’Iva può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore, a cui lo stesso non abbia potuto porvi rimedio per cause estranee alla sua volontà.
È pertanto irrilevante la cosiddetta crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine per operare il versamento dell’Iva, poiché il debitore ha l’obbligo non solo di accantonare le risorse necessarie per l’adempimento dell’obbligazione tributaria, ma anche di adottare tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo.
È quanto affermato dalla Corte suprema con la sentenza n. 11035 del 13 marzo 2018.
Il debito verso il fisco, relativo ai versamenti Iva, è normalmente collegato al compimento delle operazioni imponibili.
Ogni qualvolta il soggetto d’imposta effettua tali operazioni riscuote già (dall’acquirente del bene o del servizio) l’Iva dovuta e deve, quindi, tenerla accantonata per l’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all’obbligazione tributaria.
Per escludere la colpevolezza, pertanto, non può essere invocata la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta di non far debitamente fronte alla esigenza predetta organizzativa.
Sul punto, secondo quanto ulteriormente precisato dalla Cassazione in precedenti richiamati è necessario che siano assolti precisi oneri di allegazione che devono investire non solo l’aspetto della non imputabilità al contribuente della crisi economica che improvvisamente avrebbe investito l’azienda, ma anche la circostanza che detta crisi non potesse essere adeguatamente fronteggiata tramite il ricorso a idonee misure da valutarsi in concreto.
La forza maggiore, quale causa di esclusione della punibilità, postula la individuazione di un fatto imponderabile, imprevisto e imprevedibile, che esula del tutto dalla condotta dell’agente, tanto da rendere ineluttabile il verificarsi dell’evento, non potendo ricollegarsi in alcun modo a un’azione od omissione cosciente e volontaria dell’agente.
La Cassazione ha sempre escluso, quando la specifica questione è stata posta, che le difficoltà economiche in cui versa il soggetto agente possano integrare la forza maggiore penalmente rilevante.
Ne deriva, come corollario, che nei reati omissivi integra la causa di forza maggiore l’assoluta impossibilità, non la semplice difficoltà di porre in essere il comportamento omesso.