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Nota di variazione : termini stringenti

  • di Luigi Mondardini

    Conseguenza della riduzione dei termini per l’esercizio della detrazione dell’Iva.

    Il soggetto passivo che ha posto in essere una cessione di bene o prestazione di servizi, ha interesse a recuperare, tramite l’esercizio del diritto alla detrazione, il maggior debito Iva nei confronti dell’erario. 
     
    Il recupero dell’Iva a debito potrà essere effettuato considerando in detrazione l’Iva oggetto di diminuzione risultante dalla nota di variazione.
     
    L’Agenzia delle Entrate   con la Circ. n. 1/E del 2018 ha precisato che il  diritto alla detrazione dovrà essere fatto valere entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale Iva relativa al periodo d’imposta durante il quale si è verificato il presupposto che ha dato luogo alla rettifica dell’operazione. 
     
    Qualora il cedente emettesse o registrasse il documento oltre tale termine, l’emissione della nota di variazione si rivelerà di fatto inutile non consentendo il recupero del tributo. 
     
     
    La nota di credito deve essere emessa:
     
    - entro un anno dalla “effettuazione dell’operazione”, ai sensi dell’art.  6 del D.P.R. n. 633/1972,  qualora la variazione dell’imponibile derivi da un sopravvenuto accordo tra le parti. 
     
    - può invece essere emessa, invece, senza limiti di tempo, qualora la causa che la determina  riguardi fattispecie che determinano la nullità, l’annullamento, la revoca, la risoluzione, la rescissione e simili della cessione/prestazione, laddove ciò non sia conseguenza diretta di un sopravvenuto accordo tra le parti; oppure in presenza di  sconti e abbuoni previsti dalle originarie condizioni contrattuali, quindi non accordati successivamente; per effetto del mancato pagamento (totale o parziale) a seguito di procedure concorsuali o di procedure esecutive non andate a buon fine.
     
    Il nuovo termine previsto per l’esercizio del diritto di detrazione non si concilia con la possibilità di emettere la nota di credito oltre il termine dell’anno.
     
    Si supponga che un’impresa cedente  abbia incassato un acconto il 5 dicembre 2017 emettendo la fattura con l’applicazione dell’Iva al 10 per cento (cessione di immobile con applicazione dell’IVA al 10%).  In sede di rogito stipulato il 29 dicembre ,il soggetto acquirente dimostra di poter fruire delle  agevolazioni prima casa ( IVA al 4%).  L’impresa costruttrice cedente dovrà  restituire all’acquirente la maggiore Iva pagata sulla base di un’aliquota  maggiore (10% anziché 4%).
     
    L’impresa non potrà recuperare , tramite la detrazione dell’Iva risultante dalla nota di variazione emessa, il tributo in precedenza addebitato e restituito al cedente, laddove la nota di variazione dovesse essere emessa oltre il 30 aprile del 2018. 
     
    Il cedente infatti deve far valere tale diritto entro il termine di presentazione della dichiarazione Iva annuale relativa al periodo di imposta (l’anno del rogito, quindi il 2017) durante il quale è sorto il presupposto per l’emissione del documento.
     
     
    Se il cedente dovesse emettere la nota di variazione in diminuzione oltre il termine di presentazione della dichiarazione annuale, quindi oltre il 30 aprile del 2018, l’unica soluzione per recuperare la somma detraibile consiste nella presentazione di una dichiarazione Iva annuale integrativa ove far risultare la diminuzione dell’Iva dovuta. 
     
    Il termine di emissione del documento risulta fortemente ridotto e condizionato dal limite temporale per far valere il diritto alla detrazione. L’impresa cedente sarà di fatto obbligata ad anticipare l’emissione della nota di credito anche se il legislatore non ha apportato alcuna modifica al testo dell’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972. 
     
    Il problema non si pone per le note di variazione emesse entro il 31 dicembre del 2016. In questo caso il termine previsto per la detrazione del tributo è quello previgente ed pari a due anni e quattro mesi secondo il “vecchio” testo dell’art. 19 del D.P.R. n. 633/1972.
     

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