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Manutenzione straordinaria e ristrutturazione: nuova definizione con ricaduta IVA

  • di Luigi Mondardini

    Con la conversione in legge del “Decreto Sblocca Italia” nuova definizione di manutenzione straordinaria e ristrutturazione.

    A partire dal 12 novembre viene confermato la nuova distinzione  tra i concetti di manutenzione straordinaria e ristrutturazione, e cambiano conseguentemente talune regole di assoggettamento all'imposta sul valore aggiunto degli interventi di recupero e della successiva cessione degli immobili oggetto di tali interventi. 
     
    Vengono ora  ricompresi  tra gli interventi di manutenzione straordinaria ipotesi che prima rientravano  nell'ambito delle ristrutturazioni.
     
    Ad esempio le opere di frazionamento e accorpamento di unità immobiliari (con conseguente variazione delle superfici delle singole unità), a condizione che resti immutata la volumetria complessiva dell'edificio e che sia mantenuta l'originaria destinazione d'uso.
     
    La nuova disciplina ha riflessi sia sul  versante degli interventi di recupero sia su quello delle cessioni esenti o in regime di Iva su opzione ex articolo 10, comma 1, numeri 8-bis e 8-ter del Dpr 633/1972 . 
     
    In merito agli interventi di recupero, la modifica  incide  sull’ allargamento della casistica di operazioni di manutenzione su civili abitazioni soggette al limite dei beni significativi per godere dell'aliquota ridotta al 10% e restrizione delle operazioni cui è applicabile l'aliquota del 10%  (lavori di ristrutturazione compresi nell'articolo 31, lettera c, della legge 457/1978).
     
    In merito al secondo ambito (cessione) , si restringe l’insieme di interventi di recupero che fanno rientrare in Iva obbligatoria la successiva cessione degli immobili ai sensi rispettivamente dei punti 8-bis (abitazioni) e 8-ter (fabbricati strumentali) dell'articolo 10 della legge Iva . 
     
    Pertanto d’ora in poi l'effettuazione dei soli interventi sopra descritti di accorpamento e frazionamento, non essendo più qualificabile come  “ristrutturazione” non farà  più riesumare il fabbricato mantenendo il regime di esenzione (o imponibilità su opzione) della successiva cessione.
     
    Le imprese che, a partire dal 13 settembre 2014, decidano di cedere un fabbricato strumentale anche prima che siano decorsi cinque anni dall'esecuzione dei soli lavori di accorpamento o frazionamento, effettueranno l'operazione in regime di naturale esenzione IVA.
     
    Trattandosi di manutenzione straordinaria (lettera b dell'articolo 3 del Dpr 380/2001 ) e non più di ristrutturazione (lettera d della stessa norma), la cessione fuoriesce infatti dal perimetro dell'imponibilità obbligatoria ex articolo 10, comma 1, numero 8-ter del Dpr 633/1972 . 
    L'imponibilità è comunque consentita e risulterà molto spesso conveniente,  sotto l'esercizio dell'apposita opzione da parte del cedente.
    Ne consegue che, ai sensi dell'articolo 17 del Dpr 633/1972 , la vendita dell'immobile strumentale precedentemente frazionato, una volta esercitata l'opzione per l'imposizione, dovrà essere effettuata con il meccanismo dell'inversione contabile, nel caso in cui cessionario sia un soggetto passivo Iva. 
     
    Prima dell'introduzione delle modifiche normative in oggetto, fattispecie del genere erano escluse dall'accesso a tale regime, riservato alle sole cessioni di fabbricato per le quali nel relativo atto il cedente manifesti espressamente l'opzione per l'imposizione e non anche a quelle in cui l'imposizione sia obbligatoria. 
     
    Imposizione Iva che resta invece obbligatoria per le cessioni entro 5 anni dal termine di lavori più estesi che restano compresi nelle lettere c-d-e dell'articolo 3 del Dpr 380/2001 anche dopo la recente modifica legislativa.
     
    Gli effetti riguardanti gli immobili strumentali non possono che essere positivi, visto che il meccanismo del reverse charge, consentendo l'emissione della fattura da parte del cedente senza addebito di imposta e la successiva integrazione della stessa da parte del cessionario, consente vantaggi finanziari non indifferenti, in ragione del mancato esborso dell'Iva.
     
    Una ricaduta della norma analoga a quella sopra descritta si avrà anche su fabbricati abitativi che siano sottoposti (soltanto) agli interventi in esame (non più qualificati come ristrutturazione): la cessione successiva da parte di chi ha eseguito le opere (entro o oltre cinque anni dall'esecuzione dell'intervento) resta in esenzione ai sensi dell'articolo 10, numero 8 , senza possibilità neppure di opzione per l'Iva.
     
     
     
     
     

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