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La deducibilità delle Perdite su crediti di modesta entità.

  • di Luigi Mondardini

    Il riferimento per individuare la corretta entità del credito da portare a perdita è il valore nominale, non considerando eventuali svalutazioni contabili e fiscali effettuate.

     

    L’Agenzia delle Entrate, con la recente circolare n. 26/E del 1 agosto  ha chiarito alcuni dubbi interpretativi emersi con l’introduzione del nuovo regime di deduzione delle perdite su crediti.

    Dal 2012 è possibile dedurre le perdite su crediti, non solo in presenza di procedure concorsuali o degli elementi certi e precisi, ma anche qualora i crediti siano di modesta entità e scaduti da almeno sei mesi dalla scadenza del pagamento.

    In questi casi la deduzione opera automaticamente cioè la perdita viene riconosciuta su questi  crediti,  di modesto importo, dal momento che  potrebbe essere antieconomico avviare le procedure per il recupero del valore.

    Viene pertanto fissata una duplice soglia per l’individuazione dell’entità cosidetta modesta: non superiore a 5mila euro per le imprese di più rilevanti dimensioni (oltre 100 milioni di Euro di volume d’affari)  e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese.

    Passando ad un maggior dettaglio, la circolare ministeriale fornisce utili chiarimenti:

    1. occorre far riferimento al valore nominale del credito senza considerare eventuali svalutazioni contabili e fiscali effettuate. Tuttavia se  il credito è stato acquistato dall’impresa per effetto di atti traslativi, invece, non occorre far riferimento al valore nominale ma al corrispettivo riconosciuto in sede di acquisto del credito.
    1. Un’ulteriore ipotesi trattata nella circolare riguarda il credito riscosso parzialmente dall’impresa creditrice: in questi casi, assume rilevanza, per la verifica della modesta entità, il valore nominale del credito al netto degli importi incassati. Se a fronte di un credito di 8.000 Euro  (valore nominale) sono stati riscossi parzialmente 6.000 Euro, il credito viene considerato di modesta entità poiché conta il valore nominale al netto degli importi incassati (8.000 – 6.000).

    La verifica della modesta entità deve essere effettuata considerando anche l’imposta sul valore aggiunto oggetto di rivalsa nei confronti del debitore e non  gli interessi di mora e gli oneri accessori addebitati al debitore in caso di inadempimento.

    Qualora sussistano più crediti nei confronti del medesimo debitore, la circolare ha precisato che la verifica della modesta entità deve essere effettuata prendendo a riferimento il singolo credito relativo ad  ogni obbligazione posta in essere dalle controparti. In definitiva non rileva il fatto che i crediti, complessivamente,  possano superare la soglia della modesta entità.


    Quanto sopra precisato non è viceversa applicabile quando il credito deriva da un rapporto giuridico unitario tra le controparti (es. contratto di somministrazione): in questo caso la modesta entità deve essere verificata considerando il saldo complessivo dei crediti scaduti da almeno sei mesi al termine del periodo d’imposta, riconducibile allo stesso debitore e al medesimo rapporto contrattuale.


     
     

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