Occorre considerare diverse variabili .
In particolare gli elementi da considerare sono i seguenti:
- tipologia contrattuale;
- presenza o meno di altri redditi;
- aliquota marginale;
- aliquote delle addizionali regionali e comunali.
- diritto a detrazioni d’imposta;
L’imposizione sull’importo dell’affitto è la seguente:
- in caso di cedolare: aliquota sull’intero importo dell’affitto, ossia sul 100% del canone incassato.
- Tassazione IRPEF: nei contratti per i quali il canone è determinato contrattualmente tra le parti, il canone da dichiarare sconta la sola deduzione forfettaria del 5%.
- Nei contratti a canone concordato,oltre alla deduzione del 5%, se ne aggiunge un’altra pari al 30%; complessivamente quindi il canone da dichiarare è para al 66,5%.
La convenienza della cedolare va analizzata confrontando tutte le imposte che sostituisce:
- la tassazione del 21% viene applicata a fronte delle imposta non dovute: Irpef, Addizionale regionale, Addizionale comunale, Imposta di registro (compresa quella su risoluzione e proroga del contratto di locazione), Imposta di bollo (compresa quella su risoluzione e proroghe).
- tenendo poi conto dell’imponibile soggetto a tassazione ( 95%) , di fatto l’imposta viene calcolata applicando un imposta che val 21,85% ( scaglione da zero a 15 mila Euro) al 40,85% (oltre i 75 mila Euro).
La convenienza per la tassazione separata appare evidente considerando solo l’aliquota Irpef.
Si rafforza tenendo poi conto che :
- le addizionali comunali e regionali generalmente superano il 2%
- l’imposta di registro per la quota a carico del proprietario, è all’1%
Pertanto complessivamente all’aliquota Irpef va aggiunta una media di tre punti, cosa che porta le imposte sul canone, già per il primo scaglione di reddito, a superare il 24%.
Anche nel caso dei contratti a canone concordato, per i quali è prevista la riduzione del 30% dell’importo da dichiarare la cedolare si dimostra l’opzione più conveniente per tutte le fasce di reddito.
In questo caso va infatti confrontata l’IRPEF sul canone ridotto ( ad es. 23% fino a 15.000 Euro di reddito che diventa un 15,07% per effetto delle deduzioni) con la cedolare al 10%.
La convenienza è evidente anche senza considerare il peso delle addizionali e della tassa di registro, che in caso di contratti a canone concordato solo per la quota a carico del locatore è pari allo 0,70%.
Si sposta invece verso i redditi più elevati la convenienza della cedolare per i proprietari di immobili vincolati dalle Belle Arti.
La convenienza in questo caso, anche considerando le addizionali e l’imposta di registro, scatta solo dal terzo scaglione di reddito.
Parte direttamente dal primo scaglione, invece, nel caso di locazione a canone concordato.
In ogni caso non sempre la cedolare risulta vantaggiosa; questo può accadere in situazioni di incapienza (senza reddito da locazione) e spese significative per le quali si ha diritto a detrazioni d’imposta.
Optando per la cedolare si ha l’obbligo di pagare l’imposta sul canone senza poter usufruire delle detrazioni per le spese sostenute.
È il caso, ad esempio, di chi ha effettuato lavori di ristrutturazione sull’immobile da affittare e può usufruire di detrazioni rilevanti e tali da superare l’Irpef dovuta.
Oppure in presenza di detrazioni per i redditi assimilati, che variano in funzione del reddito.
La convenienza a dichiarare il canone di locazione ai fini Irpef può aversi, considerando che per i primi 4.800 euro di reddito non sono dovute imposte in virtù della detrazione.