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Il pasticcio del Durf

  • di Luigi Mondardini

    La proroga dei termini di validità del Durf, ma non per tutti

    Il decreto legge a sostegno della liquidità alle imprese dello scorso 3 aprile 2020 contiene una norma che proroga la validità delle certificazioni fiscali in scadenza; in  particolare:

    • per i documenti emessi nel corso del mese di febbraio 2020, la validità è prorogata fino al 30 giugno 2020 a causa del coronavirus.
    • I committenti di appalti, di ammontare superiore a 200 mila euro, potranno quindi ritenere valida la certificazione che attesti il possesso di determinati requisiti a carico delle imprese appaltatrici, affidatarie o sub-appaltatrici.

    Il certificato Durf, che attesta la sussistenza dei requisiti fiscali per partecipare alle gare di appalto, è quindi valido fino alla fine del mese di giugno.

    Resta il  problema dei  Durf già scaduti e per i quali è necessario richiedere una nuova certificazione all’Agenzia delle Entrate.

     

    In tal caso, è inevitabile l’adozione della procedura ordinaria,  vale a dire:

     

    •  il  committente deve verificare il corretto pagamento delle ritenute fiscali da parte dell’appaltatore.
    • La verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate, però,  non deve essere effettuata nel caso in cui gli appaltatori rientrino nelle categorie di contribuenti per i quali il D.L. n. 18/2020 ha sospeso i termini per i versamenti tributari.
    • Negli altri casi, i controlli dovranno essere effettuati regolarmente.

     

    La proroga, invocata da più parti già nei primi giorni dell’emergenza, non c’è stata.

     

    Il risultato concreto è che il sistema di controlli sui versamenti degli appaltatori da parte dei committenti, disegnato dall’articolo 4 del decreto fiscale (Dl 124/2019), nell’ultimo mese si è ulteriormente complicato.

     

    Vediamo le situazioni:

     

    • Facilitata la strada per quelle imprese esecutrici che avevano già ottenuto un Durf – il documento unico di regolarità fiscale che consente di dribblare le verifiche – emesso dall’agenzia delle Entrate e trasmesso ai propri committenti, prima delle restrizioni di queste settimane.

    Queste possono stare tranquille fino a giugno (così come i loro committenti), perché il certificato ha validità per quattro mesi dalla data del rilascio. I primi certificati di affidabilità fiscale sono stati rilasciati nella seconda settimana di febbraio, ma il decreto liquidità (all’articolo 23) estende comunque la loro validità fino al 30 giugno, coprendo così per tutti le ritenute operate a maggio.

     

     

    Viceversa più  problemi incontreranno le imprese che, invece, non hanno un certificato tra le mani. Queste, per effetto del Dl Cura Italia, potrebbero avere beneficiato per il mese di marzo (ritenute di febbraio) della sospensione dei versamenti per via dell’attività svolta, per via della sede in uno degli undici Comuni della prima zona rossa o per via dell’ammontare dei ricavi 2019 non superiore ai 2 milioni di euro. Ma per i  mesi successivi (aprile e maggio) questi criteri cambiano: la sospensione dai versamenti sarà legata al decremento del fatturato del mese precedente rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, tra l’altro con un’incidenza differente a seconda che i ricavi 2019 siano sopra o sotto i 50 milioni.

    Il committente – a questo punto – dovrà avere  nuove informazioni sui suoi appaltatori e subappaltatori, come la sede di attività o il fatturato: dovrà, cioè, conoscere la presenza di eventuali motivi di sospensione dei versamenti. Ed è interesse delle imprese stesse informarlo: al meccanismo di verifiche sulle ritenute, infatti, è collegato il possibile blocco dei pagamenti dei corrispettivi dovuti. Se, però, rientrano in una delle ipotesi di congelamento dei versamenti delle ritenute previste finora, le imprese sono protette e, di conseguenza, lo sono i committenti.

     

    La situazione peggiore, allora, è sicuramente quella delle imprese appaltatrici che siano prive del Durf e che, allo stesso tempo, non rientrino in nessuno dei casi di sospensione previsti dalla legge.

     

    Per loro e per i loro committenti, il meccanismo di verifiche è pienamente attivo. Ed è difficile pensare all’ottenimento del Durf in questi giorni, viste le difficoltà che stanno incontrando gli uffici locali dell’agenzia delle Entrate.

     

     

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