Lo stabiliscono le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 22474.
Quindi anche dopo le modifiche apportate dalla L. 69/2015, il falso valutativo in bilancio mantiene rilievo penale.
Sussiste il delitto di false comunicazioni sociali, con riguardo all’esposizione od omissione di fatti oggetto di “valutazione”, se, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, ci si discosti consapevolmente da essi, senza darne adeguata informazione giustificativa e in modo concretamente idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni (analogamente Cass. nn. 12793/2016 e 890/2016; contra: Cass. nn. 6916/2016 e 33774/2015).
La ratio di tale impostazione è da individuare nella tutela tanto della veridicità quanto della completezza dell’informazione societaria, sempre avendo come referente finale le potenziali ripercussioni negative delle falsità sui patrimoni della società, dei soci, dei creditori e del pubblico.
Al di là della lettera della norma, occorre guardare, sotto l’aspetto sistematico, all’intera materia del bilancio ed al suo sottosistema penale, partendo dal presupposto che l’oggetto della tutela penale, come evidenziato, è la “trasparenza societaria”.
Tutta la normativa civilistica presuppone e/o prescrive il momento valutativo nella redazione del bilancio, ne detta in gran parte i criteri, delineando un vero e proprio metodo convenzionale di valutazione.
E’ così per “ammortamenti”, “svalutazioni”, “crediti”, “partecipazioni” e “costi di sviluppo”, nonché in relazione alle indicazioni generali contenute nell’art. 2423 c.c. È quindi indubbia la natura prevalentemente valutativa del bilancio.
Pertanto, secondo la Cassazione, è errata l’opzione interpretativa che contrappone i “fatti materiali” alle “valutazioni”, anche perché il bilancio non contiene “fatti”, ma il racconto di essi; un fatto, per quanto “materiale”, deve comunque essere tradotto in unità monetarie e, dunque, valutato/apprezzato. Solo ciò che è già espresso in denaro , come le giacenze di cassa o i saldi di conto corrente, non necessita di tale conversione.
In conclusione l’atto valutativo comporta necessariamente un apprezzamento discrezionale da parte del valutatore. Ma si tratta di una discrezionalità tecnica e gran parte dei parametri valutativi sono stabiliti dalla legge.
Le valutazioni non sono quindi “libere”, ma vincolate normativamente e/o tecnicamente.