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Conti correnti: imposta al 26%

  • di Luigi Mondardini

    L'aumento dell’aliquota dal 20 al 26% colpirà tutte le rendite finanziarie.

    L'incremento dell'imposta riguarderà gli investimenti su bond societari, azioni, pronti contro termine, fondi comuni, polizze, conti correnti ,anche postali, e conti di deposito. Inoltre  l'aumento interesserà anche i dividendi staccati successivamente.
     
    La nuova aliquotà non comprenderà i  Bot e Btp, che hanno però rendimenti ormai molto marginali; inoltre  la tassazione dei fondi pensioni e di tutto il risparmio previdenziale resta all’11%.
     
    Come spesso accade l'ufficio studi della  Cgia di Mestre  ha simulato l'impatto della nuova aliquota sui conti  correnti .
     
    In particolare la Cgia di Mestre spiega che in Italia ci sono 38 milioni di conti correnti con una consistenza pari a 453,2 miliardi; pertanto  la giacenza media è di circa 12 mila euro. Tenuto conto  che il tasso di interesse attivo medio applicato su queste consistenze  è piuttosto basso, pari allo 0,13 per cento, cioè 15,5 euro l'anno, il rincaro della tassazione passerà da 3,10 (con imposta al 20 per cento) a 4,03 (con imposta al 26 per cento). Ovvero: 93 centesimi.
     
    Naturalmente il carico fiscale si incrementa per  giacenze medie più alte: ad  esempio per chi ha un deposito tra i 10 mila e i 50 mila euro dovrà sostenere un onere aggiuntivo di 2,3 euro l'anno. Mentre Tra i 50 mila e i 250 mila si sale a 26,1 euro. Più pesante la tassa per chi possiede oltre i 250 mila euro che si troverà a pagare 169,2 euro in più.
     
    Non bisogna però dimenticare che sui risparmi grava già ora anche  la cosiddetta mini-patrimoniale sui conti correnti, ovvero l'imposta di bollo del 2 per mille. Pur non avendo attinenza con la tassazione delle rendite ,  in realtà è un tributo dovuto  allo Stato sia che si guadagni, sia che l’investimento sia in perdita.
     
    Dunque con l’aliquota sul cosiddetto capital gain passata dal 20 al 26%, in realtà l’esborso reale del risparmiatore arriverà fino al 36%, che è il  più alto d’Europa.
     
    Se  un contribuente ha investito 100mila euro e ha incassato 2mila euro lordi, in realtà il netto è molto meno: 200 euro se ne vanno con la patrimoniale sul conto di deposito (imposta del 2 per mille), mentre altri 520 si pagano per la tassazione al 26%.
    Restano netti 1.280 euro, corrispondenti al 64% del guadagno lordo, dato che il fisco si è preso il 36%.

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